Avrei voluto scrivere due inutili parole su Il passeggero di Cormac McCarthy. Mi ero ripromesso di farlo, anche solo per ribadire l’ovvio, ovvero che fosse un libro sorprendente, dopo sedici anni di silenzio, del più grande scrittore vivente. Già, vivente. E poi ieri viene annunciata la sua morte. Si dice che un artista non muore mai e che grazie alle sue opere potrà vivere in eterno. Sì, Cormac McCarthy vivrà in eterno perché con il suo genio poderoso ha influenzato non solo la stessa letteratura, ma anche e soprattutto il cinema, per non parlare dei videogiochi. Giustamente tutti si ricorderanno e citeranno La Strada, ma il libro che più di tutti mi ha inquietato e fatto comprendere la forza inarrestabile delle parole è Meridiano di sangue. Quando si nomina Holden alla maggior parte della gente viene il mente il giovane, di Salinger, ma a me iniziano a tremare le vene e i polsi pensando al Giudice, quella figura albina e troneggiante, un incrocio tra Falstaff e Moby Dick che tiene in tasca le leggi dell’Universo.
Se non si fosse capito, questa non è una recensione, e neanche lo sarebbe stata se mi fossi deciso a scriverla tempo fa, ma vorrei aggiungere un’ultima cosa: quando ho finito di leggere Il passeggero ho avuto come la sensazione che se avessi abbandonato lo sguardo da quelle ultime frasi, il mondo intorno a me sarebbe scomparso per sempre. Ecco, oggi per me è come se la letteratura avesse respirato per l’ultima volta.